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Leonardo Cantone

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Leonardo Cantone, laureato in Mediologia presso “La Sapienza” di Roma con una tesi sulla transmedialità tra letteratura e media audiovisivi, collabora con la cattedra di Sociologia degli Audiovisivi Sperimentali dell’Università di Salerno. Ideatore e curatore del blog “Viaggio per Nerdopolis”, attivo dal 2012, si occupa da anni di culture del fumetto, in veste di sceneggiatore, critico e moderatore.

“Avete proprio dell’ottimo caffè qui a Twin Peaks”. L’impatto culturale di Twin Peaks negli altri media

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«Non abbiamo mai avuto fan tipo trekkie, quelli che seguivano Twin Peaks erano più, diciamo così, lobbisti della General Motors»[1]. Sintetizza così, con grande ironia, Robert Engles – sceneggiatore e produttore della serie –  il successo di Twin Peaks.

Nell’universo della serializzazione – filmica, televisiva o fumettistica – i Trekkie (gli accaniti fan di Star Trek) sono identificati come modello di fan appassionati che in un meccanismo di emulazione-compenetrazione, fanno dell’universo simbolico-narrativo della serie, non una semplice passione ma uno stile di vita: da semplici cosplayer fino a matrimoni celebrati con il rito dei Klingon.

Twin Peaks non vanta, certo, una schiera di fan della portata sociologica e simbolica di quelli di Star Trek, ma l’impatto nell’universo cinematografico-televisivo ha creato riverberi che tutt’ora permangono nei prodotti culturali contemporanei. Il critico John Powers lo sostiene con forza[2], ritenendo Twin Peaks promotore di un modo “diverso” di fare tv, rivelando tutte le possibilità del mezzo televisivo: «His work always feels dreamily timeless, and watching the series now you’re struck by how much has come out of it […] it revealed the untapped possibilities of television»[3].

Tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta assistiamo a quella che Missika definisce “era della neo-televisione”: «Viene abbandonato progressivamente il registro pedagogico e normativo del messaggio audiovisivo e si impone un registro più conviviale, intimista, contrattuale […] I soggetti scelti per i telefilm e le serie sono più psicologici»[4]. Le serie televisive a trama multipla diventarono il genere narrativo dominante della prima serata americana. In Twin Peaks le diverse sottotrame concorrono a formare l’impalcatura che sorregge il tema principale, la domanda – utilizzata come tag pubblicitario per la trasmissione italiana – “chi ha ucciso Laura Palmer?”, ma, al contrario di altri prodotti televisivi coevi, non esiste una divisione tra trama orizzontale e trama verticale, non esistono sviluppi narrativi che esauriscono il proprio ciclo all’interno del medesimo episodio. Il piacere pertinente[5] è costituito da elementi multipli: ogni personaggio ha un proprio obiettivo secondario alla trama e una motivazione secondaria generando così diverse intenzioni subordinate che trovano risoluzione ognuno in diversi punti narrativi dell’intera serie. Negli anni ottanta, la serializzazione televisiva offriva allo spettatore un’alternativa ai film: «un modello di fiction che articola universi narrativi lunghi e […] sempre meno standardizzati, in cui comincia ad intravedersi la possibilità di plot e sviluppi narrativi complessi, impossibili da realizzarsi nello spazio “contratto” del film convenzionale»[6].

Tale struttura, complessa e concepita per uno sviluppo a lungo termine, ha segnato un “punto di non ritorno” per la serializzazione televisiva: Twin Peaks ha anticipato – o determinato – la concezione narrativa delle serie tv contemporanee di maggior successo: Game of Thrones, The Walking Dead, Westworld, American Horror Story – per fare degli esempi – cedono le proprie trame verticali in favore di una complessa e articolata trama orizzontale, intreccio di diversi fili narrativi che, giustapposti, concorrono all’intera messa in opera del prodotto televisivo.

In anticipo sull’approccio multimediale ad un prodotto di successo, Twin Peaks espande il proprio universo narrativo oltre la serialità televisiva, indagando il passato della vittima protagonista nel libro The Secret Diary of Laura Palmer (Il diario segreto di Laura Palmer, 1992), scritto da Jennifer Lynch, poi tradotto nella pellicola Twin Peaks: Fire Walk with Me (Fuoco cammina con me, 1992) e l’autobiografia inventata del detective Dale Cooper, The Autobiography of F.B.I. Special Agent Dale Cooper: My Life, My Tapes (L’autobiografia dell’agente speciale Dale Cooper: La mia vita, i miei nastri, 1991), scritta da Scott Frost, così come l’audiolibro “Diane…” – The Twin Peaks Tapes of Agent Cooper, che riporta inediti messaggi e clip della serie registrate dal detective dell’FBI: diversi prodotti mediali che convergono alla ricostruzione dell’intero corpus narrativo della serie.

Pratica, questa, estremamente attuale nel panorama mediologico contemporaneo: si pensi al nuovo “canone” della saga di Star Wars, la cui ricostruzione completa necessita della visione delle serie a cartone animato, dei fumetti, dei libri e dei videogiochi o, ancor prima, alla serie filmica di Matrix il cui videogioco – Enter the Matrix – svelava i retroscena narrativi del secondo capitolo cinematografico, seguendo la storia di personaggi secondari.

L’importanza seminale della serialità televisiva di Twin Peaks non risiede esclusivamente nell’aver consegnato e aver fatto sedimentare alcuni dei più attuali strumenti narrativi filmico-televisivi, ma nell’aver saputo istituirsi come plesso simbolico dell’immaginario audiovisivo nel mediascape contemporaneo dell’universo mediale.

Un prodotto dal fortissimo impatto culturale come Twin Peaks non poteva rimanere escluso dai giochi metanarrativi, multimediali e intermediali, oppure dal circolo e dalle mescolanze proprie del panorama culturale contemporaneo. Numerose le citazioni, le parodie e gli omaggi che diversi e variegati prodotti culturali hanno assunto e rimediato all’interno del proprio codice linguistico e narrativo.

Lorna Jowett afferma: «Twin Peaks  ‘imitations’ are often […] highly self-conscious borrowings that directly acknowledge the history of television drama and popular culture, and are situated in an industrial context of TV production that is accustomed to recycling and repurposing, and is inherently intertextual»[7]. Difatti, i numerosi esempi di citazione-parodia sono racchiusi all’interno di un sistema comunicativo televisivo che spesso utilizza l’omaggio come strumento di rimediazione, a testimonianza che «complex ways in which media products interact with each other, negotiating the anxiety of influence as well as notions of creativity and originality»[8].

Ciò che ha indubbiamente colpito e conquistato l’immaginario dei cineasti è la «progressiva perdita di consistenza da parte della realtà oggettiva ritratta, la quale cede il passo a una immaginazione spesso delirante e grottesca»[9].

 

L’esempio più divertente e, forse, più famoso è legato alla serie animata I Simpson. Nell’episodio Who Shot Mr. Burns? (Chi ha sparato a Mr. Burns?, 1995, episodio 6 e 7 della sesta stagione), assistiamo ad un divertente omaggio alle sequenze oniriche di cui si servono Lynch e Frost nella propria serie, quelle legate alla stanza rossa. Il commissario Winchester, come il detective Cooper, si ritrova dentro la stanza con i drappi rossi, la musica ripercorre le note di Angelo Badalamenti, Lisa Simpson – al posto del nano – parla al contrario suggerendo gli indizi. Il concetto di “sogno” lynchiano trova coerente espressione in questa citazione nei Simpson: «Nel suo [di Lynch, nda] cinema ogni immagine è impregnata di sogno. Si percepisce sempre qualcosa che svela l’effetto di realtà […]. Lynch irride alle convenzioni narrative e adotta una retorica dell’eccesso per derealizzare la realtà materiale e per dimostrare la superiorità del vedere interno sul vedere esterno»[10]. Dunque, nella “detective story simpsoniana” la sequenza-omaggio assume la medesima funzione della sequenza di Twin Peaks, ma ne capovolge il portato narrativo. Nel divertente gioco parodico, il commissario non comprende il linguaggio  “alla rovescia” e Lisa è costretta a dichiarare apertamente l’indizio: «Lo spettatore si aspetterebbe di rivedere la scena che l’ha ispirata: invece succede tutt’altro. La comicità deriva dalla frustrazione delle aspettative»[11].

Altro ironico omaggio a Twin Peaks è nella puntata Lisa’s Sax (Il sassofono di Lisa, 1999, episodio 3 della nona stagione): «Avete proprio dell’ottimo caffè qui a Twin Peaks. E dell’ottima crostata di ciliege», recita la voce fuori campo proveniente dalla televisione, in un palese richiamo alle passioni culinarie del detective Cooper, mentre Homer è intento a guardarla. Lo schermo mostra il Gigante che balla con un cavallo bianco e Homer non può che esclamare: «Non ho la minima idea di cosa stia succedendo». Ancora una volta, lo staff di sceneggiatori della serie creata da Matt Groening, sceglie di parodiare l’elemento più caratteristico della serie di Lynch e Frost: l’onirico. Nell’immaginario filmico-televisivo il cinema di David Lynch – e Twin Peaks non fa eccezione – è spesso identificato come un cinema dalla lettura complessa, dalla grande stratificazione simbolica, polisemico e che non rincorre il gusto popolare. Da qui la palese ironia di un personaggio, icona dell’uomo “semplice”, che si fa portavoce del sentimento  di “distanza” dal cinema di David Lynch.

Il “rimodellamento” per Bolter & Gruisin è un «tipo di prestito più comune, dal momento che gli artisti conoscono e allo stesso tempo dipendono molto più strettamente da coloro che li hanno preceduti nell’uso dello stesso medium»[12], e, forse, la serie televisiva contemporanea che maggiormente è debitrice di Twin Peaks, e la rimodella, è American Horror Story. La serie horror antologica creata da Ryan Murphy e Brad Falchuck, data la sua identità narrativa costitutiva, è una continua rimediazione e citazione di simboli, icone e trame della tradizione dell’horror cinematografico, televisivo e letterario. Twin Peaks ne è indubbiamente riferimento per le numerose scene e sequenze oniriche e surreali dall’impronta disturbante. L’onirico viene rimaneggiato in forme più scioccanti, visivamente grand guignol, e meno simboliche, ma il gusto per il surreale come strumento di svelamento è la matrice narrativa di tutte le stagioni della serie. Non stupisce che Jennifer Lynch, figlia di David, abbia diretto il terzo episodio della sesta stagione, Chapter 3 (La Macellaia, 2016), in cui l’intromissione surreale agisce come architrave dell’intera stagione introducendo un personaggio “liminale” – la “madre” – capace di collegare la realtà dei fantasmi con quella degli essere umani.

Altra serie che “rimodella”, secondo la definizione di Bolter e Gruisin, quella di Lynch e Frost è Wayward Pines, creata da M. Night Shyamalan  che spesso, e in maniera sicuramente discontinua ha operato con l’onirico e con sequenza ricche di simbolismo come ne Il predestinato (Unbrekable, 2000), in The Village (2004) o in Lady in the Water (2006) e in cui l’assunto narrativo è profondamente debitore a Twin Peaks. Il piccolo paesino di Wayward Pines, circondato dai boschi, come la cittadina Twin Peaks, è specchio della provincia americana, apparente “arcadia” di una società idilliaca, ma in realtà covo di inquietanti e oscuri segreti.

Più che di “rimodellamento”, per la serie tv Psych, sarebbe bene parlare di una sorta di “remake” parodico: il dodicesimo episodio della quinta stagione, Dual Spires (Una cittadina vecchio stampo, 2010), è una sistematica ricostruzione ironica e, chiaramente, sintetica di Twin Peaks. La «città talmente piccola che l’hanno messa tra parentesi» sulla mappa è quella di Dual Spires e i due protagonisti di Psych vi si recano per un “festival della cannella”. Sulle note jazz della colonna sonora ispirata a quella di Badalamenti, i protagonisti si ritrovano nel paese durante il ritrovamento del cadavere – rigorosamente avvolto nella plastica – della giovane Paula Merral (l’assonanza fonetica con Laura Palmer è evidente). La sigla di apertura rielabora quella di Twin Peaks intrecciandola a quella di Psych con diversi i riferimenti visivi: l’uccello nell’inquadratura iniziale, i due monti sostituiti da due palme, l’inquadratura del cartello della città, in cui compare il titolo della serie, il cavallo bianco, il tutto accompagnato dalle note della canzone I Know, You Know dei Friendly Indians, band del creatore della serie Steve Franks, rielaborata per l’episodio da Julee Cruise, cantante e voce della colonna sonora originale di Badalamenti. La serie è una ricca vetrina di citazioni ed omaggi a Twin Peaks, e ne segue lo sviluppo narrativo con l’ironia caratterizzante: il padre della vittima, questa volta è innocente, mentre ad essere colpevole – in un gioco con lo spettatore – è il personaggio interpretato da Sheryl Lee, l’attrice che ha prestato il volto a Laura Palmer. In questa sorta di puntata-revival di Twin Peaks, sono numerosi gli attori della serie originale che compaiono, con ruolo più o meno determinante lo sviluppo narrativo, nell’episodio: la sopracitata Sheryl Lee (Laura Palmer), Sherilyn Fenn (Audrey Horne), Ray Wise (Leland Palmer), Robyn Lively (Lana Milford), Lenny von Dohlen (Harold Smith), Dana Ashbrook (Bobby Briggs) e Catherine E. Coulson (La Signora Ceppo).

Analogo intento citazionista ma che si determina in uno sviluppo narrativo maggiormente parodico, è la puntata 44 della prima stagione, Twin Beaks (1992), della serie animata Darkwing Duck, che inscena una riproposizione delle componenti strutturali di Twin Peaks: il paesino, i personaggi, dal corpo avvolto nella plastica alla barista con la benda sull’occhio, i due monti gemelli, la cascata, il ceppo di legno, fino a dei richiami nella colonna sonora e al momento onirico. La puntata, inoltre, cita i prodotti della casa produttrice, la Disney, richiama le uova di Alien (1979) e si configura come una parodia de L’invasione degli ultracorpi (1956). L’intenzione degli autori è quella di creare un ponte di riferimenti per un pubblico adulto, solitamente estraneo a ceri prodotti destinati all’infanzia, attingendo ludicamente ad un comune universo simbolico.

Non solo l’universo televisivo è stato contagiato dalla potenza iconica di Twin Peaks. Il mondo del fumetto italiano si fa carico di un omaggio alla serie di Lynch e Frost attraverso quello che può sembrare l’universo meno affine: il mondo del magazine disneyano “Topolino”.

 

Nel racconto scritto da Mario Volta e disegnato da Roberto Marini, I dolci segreti di Twin Pipps (1992), pubblicato nel numero 1917 di “Topolino”, la crime story dai toni cupi e disturbanti viene declinata in un giallo inerente il rapimento di Lalla Talper – ovviamente, dichiarato alter ego disneyano di Laura Palmer – da parte di un concorrente dolciario del padre della ragazza per carpire i segreti dei suoi dolci. L’intera storia è un insieme di omaggi alla serie ed è ricco di personaggi che riprendono quelli più icastici e riconoscibili di Twin Peaks: la “signora ceppo”, il poliziotto che ride sempre – al contrario di Andy, il poliziotto che piange spesso nella serie di Lynch e Frost – e persino Gordon Cole, sostituito dal Commissario Basettoni. Le icone disneyane e lynchiane si incontrano e si mescolano in un ibrido riconoscibile esclusivamente da un lettore adulto a cui il racconto a fumetti, principalmente, non fa riferimento. Ancora una volta il riferimento visivo più immediato alla serie originale è al cartello identificativo della cittadina che recita “benvenuti a Twin Pipps”, posto nella prima tavola, come “sigla di apertura”.

Analogo discorso lo si può fare per un altro prodotto dell’industria culturale destinato ad un pubblico solitamente più giovane rispetto a quello di Twin Peaks. Nella puntata 22 della seconda stagione, Nightmare In Red (Il segreto del sarcofago, 2013) della serie Scooby Doo: Mystery Incorporated – serie che costantemente gioca con i riferimenti all’universo cinematografico – la citazione è palesemente dichiarata: il cane di Hanna e Barbera si addormenta e sogna la stanza rossa, arredata come nella serie originale, compare il nano che balla sulle note di uno smooth jazz e una cagnolina – palese riferimento a Laura Palmer – invoca l’aiuto del protagonista. Ancora una volta, gli elementi caratteristici della serie di Lynch e Frost vengono inscritti all’interno del codice narrativo della serie che sceglie di rimodellare Twin Peaks, lasciandone, però, inalterato il valore narrativo del sogno come svelamento: «in Lynch il sogno non interviene come oggetto della narrazione filmica, ma come elemento espressivo»[13].

A questa breve carrellata di prodotti riconducibili a Twin Peaks, un riferimento va fatto alla canzone dei Bastille dal titolo, inequivocabile, Laura Palmer (2013): la canzone è un monologo rivolto a Laura, un urlo di dolore per la vita della ragazza, espressione del rifiuto e della fuga dalle sue sofferenze e la consapevolezza di essere “perduta”. Il tema della canzone, così come quello del videoclip è la doppia identità – vivificata nel videoclip (diretto da Austin Peters) dalle maschere – e della fuga dal proprio mondo ordinario:

«Walking out into the dark / Cutting out a different path / Lead by your beating heart / All the people of the town / Cast their eyes right to the ground /In matters of the heart»[14].

Oltre i palesi riferimenti testuali come il tema della notte quale momento congeniale per svolgere una doppia vita o del “paesino” che sceglie di guardare oltre, la citazione è inscritta maggiormente nel videoclip della canzone: numerose le intromissioni di una simulata ripresa amatoriale degli anni Ottanta che hanno come protagonista la ragazza che possiamo identificare come Laura. Anche le suggestioni oniriche date dalle riprese apparentemente nonsense destinate alla giovane donna sembrano alimentare il valore del “doppio” attribuibile al testo della canzone. Tema, questo,  rafforzato dalla presenza dello “specchio”, oggetto utilizzato come strumento per cambiare identità sia per la vittima di Twin Peaks che per il cantante dei Bastille. Lo sviluppo metacinematografico del video, attraverso una modalità espressiva differente, avvicina il videoclip alla serie televisiva: il cantante del gruppo è intento a girare il video musicale e, con una brusca interruzione della musica, viene rapito dai ragazzi protagonisti delle riprese amatoriali, tra cui Laura. Ancora una volta, diversi piani narrativi si fondono, concorrendo alla risoluzione finale.

Infine resta da citare il videogioco Life is Strange (2015), avventura grafica a episodi sviluppata dalla Dontnod Entertainment e pubblicata dalla Square Enix. Il genere videoludico della “avventura grafica” è spesso identificabile con il genere narrativo delle detective story: il videogiocatore, attraverso l’esplorazione dello spazio virtuale deve ricercare indizi, grazie ai quali risolvere un mistero. Un “giallo” come quello alla base di Twin Peaks si presta perfettamente a questo genere di videogioco. Gli sviluppatori di Life is Strange, dunque, rimodellano – da semplici suggestioni a modelli narrativi fino a palesi citazioni – la serie di Lynch e Frost all’interno della propria articolazione narrativa: il paesino, la “dark room” (come riferimento alla “stanza rossa”), un personaggio che ricorda la “signora ceppo”. Ma il divertimento è indubbiamente scaturito dai numerosi easter egg: la scritta sullo specchio (tema che ritorna) è “fire, walk with me”, la targa  dell’auto dell’amica della protagonista è “TWNPKS”, il compleanno della vittima del videogioco è il 22 luglio – come quello di Laura Palmer – e un documento psichiatrico riferito alla salute mentale di uno dei personaggi, è firmato dal “Dottor Jacoby”.

La serie di Lynch e Frost ha ispirato, in circa trentasei anni dalla trasmissione della prima puntata,  forme parodiche, rielaborazioni concettuali o meramente visive che attestano: «come in ogni labirinto lo spettatore deve perdersi, cedere alle tante suggestioni di storie, fluire delle immagini»[15]. E cosa sono  i media, sopratutto contemporanei, se non essi stessi spettatori di altri media, chiamati ad assumere nel proprio codice linguistico gli strumenti narrativi che li hanno preceduti?

[1] Rodley, Chris, Lynch secondo Lynch, Baldini & Castoldi, Milano, 1998.

[2] «Yet the real importance of Twin Peaks lay not in its direct influence — there’s still nothing quite like it on TV»: Powers, John, Still Wrapped In Plastic: ‘Twin Peaks’ Turns 20, NPR, 2010, http://www.npr.org/templates/story/story.php?storyId=125674254

[3] Ivi.

[4] Missika, Jean-Louis, La fine della televisione, Lupetti, Milano 2007, p. 18.

[5] Hiltunem, Ari, Aristotele a Hollywood, Dino Audino, Roma, 2002.

[6] Brancato, Sergio, La forma fluida del mondo, Ipermedium, Santa Maria Capua Vetere (CE), 2010, p. 190.

[7] Jowett, Lorna, Nightmare in red? Twin Peaks parody, homage, intertexuality, and mashup, in Weinstock, Jeffrey Andrew e Spooner, Catherine (eds), Return to Twin Peaks, Palgrave Macmillan, Basingstoke , 2015, p. 212.

[8] Ivi.

[9] Teti, Marco e Tirino, Mario, Una visione della serialità tv e dell’esistenza fuori dal comune: l’immaginario poetico de I segreti di Twin Peaks/1, Officinasedici, 2016, http://www.officinasedici.org/2016/12/15/visione-della-serialita-tv-dellesistenza-dal-comune-limmaginario-poetico-de-segreti-twin-peaks-marco-teti-mario-tirino/.

[10] Civitarese, Giuseppe, Il sogno necessario. Nuove teorie e tecniche dell’interpretazione in psicoanalisi, FrancoAngeli, Milano, 2013, p. 139.

[11] Marchisio, Pierluca e Michelone, Guido, I Simpson. L’allucinazione di una sit-com, Castelvecchi, Roma, 1999, p.  159.

[12] Bolter, Jay David e Grusin, Richard, Remediation, Guerini, Milano, 2003, p. 77.

[13] Dottorini, Daniele, David Lynch: il cinema del sentire, Le Mani, Genova, 2004, p. 100.

[14] Il testo è tratto dal brano Laura Palmer,  traccia dell’album Bad Blood (Virgin Records, 2013) dei Bastille.

[15] Valentini, Valentina, Mondi, corpi, materie, Bruno Mondadori, Milano 2007, p. 150.

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